giovedì 9 giugno 2011

"Montalcino e il suo Brunello" all'insegna della tradizione e della qualità

Silvia Notarangelo
Roma - E' la storia di un indiscusso successo quella ripercorsa da Ilio Raffaelli in “Montalicino e il suo Brunello”. Il volume, pubblicato da Vanzi Editrice, rivela, ancora una volta, il vivo interesse dell’autore per il territorio di Montalcino e si colloca in quel costante lavoro di ricerca che lo ha da sempre appassionato, tanto da renderlo un attento e fedele testimone delle vicende vinicole della zona. L’ascesa del Brunello viene riproposta nelle tappe più importanti. Dal suo “pioniere”, Riccardo Paccagnini, autore di un Trattato teorico pratico di enologia pubblicato nel lontano 1906, alla prima onorificenza del signor Santi, fino alle medaglie ricevute alle mostre mercato del 1933 e del 1935, quando il Brunello viene ritenuto “degno di stare a confronto coi migliori tipi di Chianti classico”.
Neppure un periodo di stagnazione, come quello attraversato da Montalcino negli anni Cinquanta e Sessanta, riesce ad arrestare il suo crescente prestigio. Nel 1966 gli viene conferita la denominazione di origine controllata, un riconoscimento cui segue, solo pochi anni dopo, la richiesta di promuovere il Brunello dalla DOC alla DOCG, in virtù della sua tradizione, della considerazione di cui gode sul mercato, della notorietà raggiunta in ambito “locale, nazionale e storico”. La domanda sarà accolta nel 1978. Da quel momento l’affermazione del Brunello può dirsi compiuta e, con lui, cresce anche l’attrattiva esercitata dal territorio di Montalcino, che diventa meta di ingenti capitali italiani e stranieri.
Determinanti, per le sorti di questo vino apprezzato ormai in tutto il mondo, sono state, nel tempo, la progressiva consapevolezza nei montalcinesi delle potenzialità della propria terra e un’adeguata disciplina della sua produzione che, forse, si è fatta fin troppo attendere. Ora, però, è necessario compiere un passo ulteriore. Occorre salvaguardare la terra da un uso/abuso di fertilizzanti chimici, dal ricorso, sempre più frequente, a materiali di plastica, perché, come ricorda Raffaelli, “il Brunello si fa innanzitutto nelle vigne”.

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